Nuovi dati presentati nel corso di “Investing for Healthy Ageing”, evento promosso da MSD a Roma, evidenziano realtà sanitaria allarmante.
Gli italiani si confermano tra i più longevi al mondo, con un’aspettativa di vita media di 83,4 anni. Tuttavia, questa longevità non si traduce in un effettivo benessere fisico e autonomia nelle fasi avanzate della vita. Nuovi dati presentati nel corso di “Investing for Healthy Ageing”, evento promosso da MSD a Roma, evidenziano una realtà sanitaria allarmante per la popolazione anziana italiana.
La longevità italiana: tra numeri e criticità
Nonostante l’Italia registri una delle aspettative di vita più alte a livello globale, la qualità di questi anni aggiuntivi è spesso compromessa da condizioni di salute precarie. L’analisi dell’ISTAT, aggiornata al 2025, indica che la vita in buona salute si interrompe molto prima della fine dell’esistenza: mediamente a 60 anni per gli uomini e a 57 per le donne.
Inoltre, 6,4 milioni di persone over-65 in Italia manifestano difficoltà nelle attività quotidiane, come la cura personale o le faccende domestiche, mentre 3,8 milioni presentano una riduzione significativa dell’autonomia, con un impatto diretto sulla qualità di vita e sulla necessità di assistenza.

Anziani, quanti vivono a lungo in Italia, ma non in buone condizioni (www.progettohumus.it)
Michele Conversano, presidente di Happy Ageing, sottolinea come “l’Italia sia un Paese di lunghe vite, ma spesso l’ultimo tratto di questo percorso è segnato da malessere e dipendenza. Non basta vivere a lungo, è necessario vivere bene”. Conversano insiste sull’urgenza di adottare una strategia di longevità sana che inizi molto prima dell’età anziana, con un focus importante sulla prevenzione.
Una delle criticità più evidenti riguarda la bassa copertura vaccinale tra adulti e anziani. Le vaccinazioni rappresentano uno strumento fondamentale per prevenire malattie gravi e mantenere l’autonomia, ma i dati più recenti mostrano performance insufficienti.
Per esempio, la copertura per la vaccinazione antinfluenzale nella popolazione anziana si attesta solo al 52,5%, ben al di sotto dell’obiettivo minimo del 75% fissato dalle linee guida internazionali. Ancora peggiore la situazione nella popolazione generale adulta, con una copertura del 19,6%.
Un caso emblematico è quello del vaccino anti-pneumococcico, essenziale per proteggere dall’infezione da pneumococco, che può causare complicanze gravi soprattutto negli over 65. Purtroppo, non esistono dati nazionali aggiornati sulle coperture vaccinali per questa vaccinazione, mentre le rilevazioni regionali indicano livelli molto bassi di immunizzazione.
Giancarlo Icardi, Professore Ordinario presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Genova, sottolinea che “le patologie pneumococciche rappresentano una minaccia significativa per la salute pubblica, in particolare nella popolazione adulta e anziana, dove il rischio di complicanze è più elevato”.
Con l’introduzione di nuovi vaccini più efficaci e in grado di coprire un’ampia gamma di ceppi emergenti, diventa essenziale accelerare l’accesso a queste soluzioni innovative. Ciò consentirebbe di ridurre il carico di malattie, migliorare la qualità di vita e contenere i costi socio-sanitari.