Economia

Versando questi contributi, tagli la tua pensione: distrazione che ti rovina

pensioni e contributiI contributi che producono un taglio delle pensioni - progettohumus.it

Pensione: i  contributi che possono apportare un taglio: di che si tratta e cosa bisogna assolutamente evitare di fare. 

Nel complesso sistema previdenziale italiano, esiste una problematica spesso poco conosciuta ma di grande impatto economico: i contributi previdenziali “nocivi”. Questi contributi, pur incrementando gli anni di anzianità contributiva, possono paradossalmente determinare una riduzione dell’assegno pensionistico. Tale situazione si verifica soprattutto in relazione al sistema retributivo di calcolo della pensione, ancora applicabile a chi ha maturato specifici requisiti contributivi entro determinate scadenze temporali.

Il meccanismo paradossale dei contributi nocivi nel sistema retributivo

Nel sistema retributivo, l’importo della pensione si calcola sulla base della media delle retribuzioni percepite in un arco di tempo definito, di norma concentrato negli ultimi anni di carriera lavorativa, quando la retribuzione tende a essere più elevata. Questa metodologia dovrebbe garantire un assegno adeguato, riflettendo la condizione economica più favorevole del lavoratore prima del pensionamento.

Tuttavia, se negli ultimi anni di lavoro la retribuzione diminuisce – ad esempio per un passaggio al part-time, un declassamento o altre ragioni – i contributi versati in questa fase, calcolati su importi inferiori, abbassano la media retributiva complessiva. Ne deriva un effetto boomerang: l’assegno pensionistico finale risulta più basso nonostante l’aumento degli anni contributivi.

Per contrastare questa distorsione, la Corte Costituzionale è intervenuta con pronunce significative: la sentenza n. 82 del 2017 ha riconosciuto ai lavoratori dipendenti il diritto a chiedere la neutralizzazione dei contributi penalizzanti versati dopo aver maturato il diritto alla pensione, escludendoli dal calcolo dell’assegno se riducono l’importo. Successivamente, la sentenza n. 173 del 2018 ha esteso tale tutela anche ai lavoratori autonomi, uniformando la disciplina.

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Pensioni: attenzione ai contributi per non avere tagli – progettohumus.it

La neutralizzazione impedisce che un aumento dell’attività lavorativa e dei contributi versati si traduca, paradossalmente, in una pensione più bassa. Questo strumento è a disposizione di coloro che hanno già raggiunto i requisiti pensionistici ma scelgono di continuare a lavorare con una retribuzione inferiore, che potrebbe abbassare la media retributiva.

Un esempio concreto riguarda un’insegnante che, pur avendo il diritto alla pensione, prosegue con un contratto part-time per alcuni anni. I contributi versati in questa fase, calcolati su una retribuzione ridotta, abbassano la media retributiva e quindi l’assegno pensionistico. Richiedendo la neutralizzazione all’INPS, si può ottenere un ricalcolo che esclude i contributi penalizzanti, garantendo un importo pensionistico superiore.

Tuttavia, la recente sentenza n. 112 del 2024 della Corte Costituzionale ha chiarito che la neutralizzazione è possibile solo per contributi figurativi o periodi non essenziali collocati negli ultimi cinque anni prima del pensionamento, e fino a un massimo di 260 settimane. La domanda di esclusione deve essere presentata contestualmente alla richiesta di pensione, corredata da documentazione che dimostri l’effetto negativo dei contributi.

Il caso emblematico del riscatto della laurea: un esempio di contributi nocivi non neutralizzabili

La sentenza n. 112 del 2024 ha affrontato un caso complesso riguardante il riscatto degli anni di laurea. Un lavoratore che, nel 1996, aveva riscattato gli anni di studio per raggiungere i 18 anni di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 1995 e quindi ottenere il calcolo della pensione con il sistema retributivo integrale, si è trovato di fronte a una situazione paradossale.

A seguito di riforme legislative successive, in particolare il Decreto Legge n. 201 del 2011 e la “clausola di salvaguardia” della Legge n. 190 del 2014, il calcolo pensionistico è stato modificato imponendo un doppio calcolo che limita l’importo della pensione. In pratica, nonostante il lavoratore avesse ottenuto il sistema retributivo integrale, l’assegno mensile era inferiore rispetto a quanto avrebbe percepito se non avesse riscattato la laurea e fosse stato calcolato con il sistema misto.

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