Economia

Lavoro, se ti hanno demansionato ti spetta un risarcimento danni: come farti pagare

risarcimento lavoroLavoro: ti devono un risarcimento - Progettohumus.it

La Cassazione ribadisce il diritto al risarcimento per chi subisce demansionamento, tutelando la professionalità e garantendo equità anche in caso di maternità o dimissioni.

Nel panorama giuridico italiano emerge con forza la tutela contro il demansionamento dei lavoratori, un fenomeno che rappresenta non solo una violazione contrattuale ma anche un significativo danno economico e professionale al dipendente. La recente sentenza della Corte suprema di cassazione n. 3400/2025 ha riaffermato il diritto dei lavoratori a vedersi riconosciute le mansioni coerenti con la propria qualifica, respingendo ogni tentativo di svuotamento del ruolo e confermando il diritto al risarcimento dei danni subiti.

Il caso concreto e la pronuncia della Cassazione

Nel caso esaminato, un operatore specialista in customer care aveva intrapreso un contenzioso legale dopo essere stato assegnato a mansioni inferiori rispetto al suo livello di inquadramento, formalmente riconosciuto come V livello secondo il Contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL) applicato. Il lavoratore si era visto relegato a compiti standardizzati di gestione chiamate basate su software automatici, privi di autonomia decisionale e di discrezionalità tecnica, elementi invece indispensabili per il suo ruolo originario.

La Corte d’appello aveva già confermato la decisione del tribunale di primo grado, riconoscendo il diritto del lavoratore alla reintegra nelle mansioni contrattuali o equivalenti e al risarcimento del danno alla professionalità, che rappresenta un danno non patrimoniale riconosciuto dalla giurisprudenza. La quantificazione del risarcimento era stata fissata in mille euro mensili per un periodo complessivo di circa tre anni, somma ritenuta equa dalla Corte.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso del datore di lavoro, confermando la metodologia di valutazione del demansionamento basata su tre fasi fondamentali: accertamento delle mansioni effettivamente svolte, confronto con il livello contrattuale previsto, e verifica della coerenza tra mansioni e inquadramento. Nel caso specifico, l’assenza di autonomia, di coordinamento e di specializzazione ha decretato l’effettivo demansionamento.

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Risarcimento per demansionamento: come funziona – Progettohumus.it

La sentenza mette in evidenza come il danno alla professionalità sia un elemento centrale nella valutazione del demansionamento. Quando il lavoratore viene assegnato a mansioni inferiori o meno qualificate, rischia di perdere competenze e opportunità di crescita, con un impatto negativo sul prestigio e sulla carriera professionale.

La Corte ha sottolineato che la quantificazione del risarcimento deve tener conto di vari fattori, tra cui la durata del rapporto di lavoro, la professionalità acquisita, la persistenza del comportamento del datore, e la rapida evoluzione tecnologica del settore, che può accelerare l’obsolescenza delle competenze non esercitate.

Nel contesto attuale, settori come l’informatica, le telecomunicazioni, la cybersecurity e la manutenzione di impianti tecnologici richiedono un aggiornamento continuo, che il datore di lavoro deve garantire per evitare il deprezzamento professionale del lavoratore. La mancata formazione in questi ambiti contribuisce a configurare un danno risarcibile.

Parallelamente, è importante segnalare che la normativa italiana tutela con particolare attenzione il demansionamento in caso di maternità. Le lavoratrici madri hanno diritto, al rientro dal congedo di maternità, a essere assegnate alle mansioni precedenti o equivalenti e a godere di condizioni migliorative, a tutela della loro carriera e per prevenire forme di discriminazione di genere.

Il demansionamento ingiustificato in questo contesto costituisce una discriminazione diretta e può essere sanzionato con il risarcimento dei danni subiti. La legge vieta qualsiasi forma di ostacolo alla progressione professionale legata alla maternità e prevede anche un iter di convalida delle dimissioni presentate durante il cosiddetto “periodo protetto” (fino al terzo anno di vita del bambino o in caso di adozione o affidamento).

Nel quadro delle tutele del lavoratore vi sono anche le dimissioni per giusta causa, che possono essere legate a modificazioni peggiorative delle mansioni o al demansionamento ingiustificato. In tali casi, il lavoratore ha diritto a interrompere il rapporto senza preavviso e a percepire l’indennità di disoccupazione NASPI, oltre all’indennità sostitutiva del preavviso.

La procedura per comunicare le dimissioni per giusta causa è stata aggiornata nel 2016, prevedendo modalità telematiche e la possibilità di assistenza da parte di patronati o sindacati. La giurisprudenza riconosce come giusta causa anche il demansionamento subito, purché il lavoratore agisca tempestivamente e documenti adeguatamente la violazione contrattuale.

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